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Tra pochi giorni, alla 40^ Assemblea Federale di Assofarm presenterò la relazione di bilancio più positiva della nostra storia. La soluzione positiva della netta maggioranza dei temi analizzati è un’opzione davvero realistica. Credo però che l’ottimismo debba sempre accompagnarsi alla lucidità. 

Lucidità che impone di immaginare cosa potrebbe rallentare o addirittura bloccare i processi positivi oggi in atto. La risposta prende avvio dalla constatazione che tutti i processi di cui parlo nella mia relazione fanno in realtà parte di un unico grande processo.

Nelle mie prime riflessioni ho giustamente dato conto di un rapporto profondamente migliorato con Politica e Istituzioni. Non credo sia mai esistito un altro periodo in cui siamo stati cercati e ascoltati come oggi. Alle parole sono anche seguiti fatti, primo fra tutti i 150 milioni di remunerazione aggiuntiva dell’ultima legge di stabilità. Ai singoli fatti, per quanto positivi, deve oggi seguire la sistematizzazione di un cambiamento generale.

In un passaggio successivo concentro tratto della carenza di farmacisti. Problema che oggi frena il nostro sviluppo e che in futuro potrebbe addirittura limitare l’accesso al farmaco da parte dei cittadini. Perché oggi la professione di farmacista dipendente non è più appetibile?

Altro tema estremamente positivo è il clima di grande collaborazione tra tutti i soggetti della filiera. Tutti noi abbiamo finalmente raggiunto la convinzione che i problemi di uno si riverberano prima o poi anche sugli altri. Nessuno si salverà da solo. 

Ma qual’è il meccanismo che permetterà di trasformare in realtà questa sorta di approccio mutualistico sviluppatosi tra industria, grossisti e farmacie? A nostro avviso solo uno.

Insieme a politica, dipendenti e filiera, l’ultimo protagonista del nostro mondo è sicuramente il cittadino. Quel cittadino che dopo la pandemia ha addirittura incrementato i livelli di gradimento per i nostri presidi territoriali.

E’ un cittadino che chiede servizi di prossimità, sistemi distributivi smart, maggiore integrazione con gli altri attori della sanità territoriale. Di fronte a questa straordinaria opportunità professionale, il farmacista risponde con impegno, ma non senza qualche timore. Per tutto questo, “chi pagherà e quanto” si chiedono oggi farmacisti privati e manager delle Comunali.

E infine, la mia relazione concede ampio spazio al tema della sostenibilità in farmacia. Il mondo del farmaco è molto inquinante, e noi dobbiamo sostenere quanto l’industria sta già facendo per ridurre l’impatto della sua produzione. Di contro, le farmacie e la reputazione di cui godono possono davvero giocare un ruolo determinante nel coinvolgimento dei cittadini in pratiche più green. 

Il nostro movimento condivide il valore della sostenibilità come impegno verso il futuro, sappiamo però che molti farmacisti privati e comunali dovranno far dialogare questa responsabilità con incertezze e instabilità di bilancio.

Tirando le somme da tutto ciò appare chiaro quanto dicevo in apertura. L’analisi dei fronti di lavoro ispira un approccio sistemico alla loro soluzione positiva. Cambieremo il nostro settore solo se ognuno di noi acquisirà una visione olistica dello stesso. 

Solo una nuova remunerazione può mantenere viva questa fiducia ritrovata tra farmacie e istituzioni. Con essa le farmacie potranno onorare il potenziale sanitario che la politica si aspetta da loro, e le farmacie vedranno confermate e realizzate le promesse politiche di questi ultimi anni.

Solo nuove risorse generate da nuovi servizi potranno generare salari interessanti per i giovani farmacisti. E solo con nuovi farmacisti le farmacie potranno dispiegare il loro potenziale professionale all’interno della nuova sanità territoriale. Ma i nuovi assetti remunerativi non potranno essere limitati alle farmacie. La sostenibilità economica deve essere garantita a tutta la filiera.

Insomma, o cambieremo tutto, o rischia di non cambiare nulla. Perché basta dimenticare un passaggio per bloccare tutto l’unico grande processo.

Tutti noi dobbiamo cambiare mentalità, fare propria una logica di investimento per il futuro che forse mai abbiamo avuto in passato. Devono farlo quelle istituzioni regionali ad oggi ancora troppo legate, per legge e per forma mentis, al meccanismo del vincolo di bilancio. Dobbiamo farlo noi farmacie, ancora incapaci di immaginare come l’avvio di un nuovo servizio possa produrre le giuste marginalità nel medio e non nel breve periodo.

E’ un salto evolutivo notevole, e quindi di grande fatica, ma non esistono alternative praticabili a ciò che esso genererà di vitale per il nostro settore e per il Paese.

Venanzio Gizzi

Presidente Assofarm